Leggere le etichette per una spesa consapevole. Spesso leggere le etichette non è proprio facile e immediato. Orientarsi nel mare d’informazioni dette, o non dette, può davvero esse complicato.
Cerchiamo di capire insieme come fare una spesa sana e light attenendoci a poche e semplici regole.
Spesa light: imparare a leggere le etichette
L’unico strumento che abbiamo a nostra disposizione è leggere l’etichetta.
Ricordiamoci sempre che, per legge, non possono essere fasulle e sono quindi molto più attendibili di pubblicità o recensioni varie del prodotto. Etichette ricche d’indicazioni alimentari sono sinonimo di un prodotto di qualità. Tante più sono le indicazioni presenti, tanto migliore sarà il giudizio alimentare su quel determinato prodotto.
Per esempio la dicitura “Olio extra vergine di oliva” è molto meglio di “olio vegetale”. E’ così possibile evitare prodotti scadenti (e a volte anche dannosi) come l’olio di palma. A tal proposito è possibile trovare un elenco di tutti i prodotti che non utilizzano olio di palma qui.
1 Spesa light: L’ordine degli ingredienti
Non è casuale ma è regolato per legge. Devono infatti comparire in ordine decrescente di quantità. In altre parole il primo ingrediente è quello presente in maggiore quantità e poi seguono gli altri a scalare. Se cerchiamo un prodotto light e troviamo tra i primi ingredienti “zucchero” meglio lasciarlo sullo scaffale.
Attenzione agli slogan…
“Senza zucchero”
Se nell’etichetta troviamo riportate le seguenti diciture “sciroppo di glucosio”, “sciroppo di fruttosio”, “maltosio”, “amido di mais”, “sciroppo di vegetali” vuol dire che l’alimento contiene indirettamente dello zucchero.
Queste sostanze hanno, infatti, un indice glicemico simile al saccarosio. Preferire prodotti dolcificati in modo naturale come zuccheri della frutta, Stevia, sciroppo d’acero, agave o xilitolo.
“Senza grassi”
Se nell’etichetta troviamo la dicitura “mono e digliceridi degli acidi grassi” essi sono metabolizzati dall’organismo come grassi. Preferire gli alimenti contenenti grassi mono-poli-insaturi.
“Grassi vegetali non idrogenati”
Questa dicitura è troppo generica e spesso maschera l’uso di oli di bassa qualità ad elevato impatto ambientale (olio di palma).
“Col 50% in meno di grassi”
Se parliamo del 50% in meno di grassi del burro che ne ha moltissimi, avremo comunque un prodotto contenente molti grassi. Ma cosa hanno di diverso?
ATTENZIONE: Alcune etichette alimentari possono trarre in inganno il consumatore. Se per esempio vengono utilizzati due tipi diversi di grassi (ad esempio margarina e strutto), questi compaiono in etichetta come due ingredienti distinti.
In realtà appartengono entrambi alla categoria dei grassi e nel loro insieme possono rappresentare un quantitativo superiore (ad es. 25 + 25 = 50%) a quello impiegato per la produzione di un secondo prodotto in cui il termine strutto compare prima tra gli ingredienti (40%) ma che non viene associato ad altri grassi.
“Light”
Secondo le normative dell’Unione Europea, con l’espressione «light», ossia leggero, possono essere indicati quegli alimenti che presentano un contenuto nutritivo ed energetico inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quelli «normali».
In particolare, i produttori possono scrivere sulla etichetta:
- a basso contenuto calorico. Se l’alimento non apporta più di 40 calorie ogni 100 grammi di prodotto (oppure 20 calorie per litro nel caso il prodotto sia liquido);
- a basso contenuto di grassi. Se l’alimento non apporta più di 3 grammi di grassi ogni 100 grammi di prodotto (oppure 1,5 grammi per litro nel caso il prodotto sia liquido);
- senza grassi. Se l’alimento non apporta più di 0,5 grammi di grassi ogni 100 grammi di prodotto;
- a basso contenuto di zuccheri. Se l’alimento non apporta più di 5 grammi di zuccheri ogni 100 grammi di prodotto (oppure 2,5 grammi per litro nel caso il prodotto sia liquido).
Ma gli alimenti «light» sono prodotti dietetici?
Non è detto. Difatti, un cibo light può essere meno ricco di grassi ma avere un contenuto elevato di zuccheri e viceversa.
2) Spesa light: Gli additivi
Di solito li troviamo alla fine dell’elenco. Si tratta di sostanze (autorizzate dalla legge italiana solo per determinati alimenti e in quantità ben precise) usate per diversi motivi. Sono i famosi coloranti, emulsionanti, antiossidanti, edulcoranti.
Ne esistono centinaia e ad ognuno corrisponde una sigla (che può essere sostituita dalla dicitura esatta dell’additivo) costituita dalla lettera E e da un numero: le sigle da E100 a E199 indicano i coloranti, quelle da E200 in su si usano invece per gli altri tipi di additivi.
E’ possibile consultare la guida completa agli additivi presente su wikipedia.
Il ministero della salute e le varie comunità internazionali hanno lo scopo di tutelare e rassicurare il consumatore regolamentando il settore con apposite leggi. Tuttavia:
- Gli studi effettuati per stabilire la tossicità degli additivi vengono fatti principalmente su animali e non vi è comunque prova dei loro effetti a lungo termine.
- E’ impossibile testare tutte le possibili combinazioni di additivi e i rispettivi dosaggi di assunzione.
- Se il presunto effetto negativo degli additivi presenti in un alimento non tiene conto della somma di tutti gli additivi assunti in una giornata o, addirittura, in un anno. Chi ci assicura dunque che non siano pericolosi?
Anche se autorizzati dall’Unione Europea, meglio sempre preferire quei prodotti a più basso contenuto di additivi.
Ricordate che per la legge italiana ci sono prodotti che non possono contenere additivi: acqua minerale; burro; caffè; latte; miele, olio di oliva; pasta secca; the in foglie; yogurt bianco; legumi e verdura fresca.
Gli aromi fanno parte degli additivi. Quando troviamo scritto genericamente “aromi” significa che si tratta di aromi artificiali, prodotti in laboratorio.
Diversamente, se compare la dicitura “aromi naturali” si tratta di essenze, estratti, succhi ottenuti da materie vegetali. Inutile dire che è meglio preferire quei prodotti che contengono aromi naturali…
3) Termine di scadenza
Facciamo subito una prima distinzione fondamentale: sulle confezioni del cibo che consumiamo possiamo trovare o il “termine minimo di conservazione” o la “data di scadenza”:
Da consumarsi preferibilmente entro
Il “termine minimo di conservazione” consiste nella data fino alla quale, in adeguate condizioni di conservazione, il prodotto conserva le sue proprietà e deve essere espressa con la formula “da consumarsi preferibilmente entro il (indicazione del giorno)” o “entro fine (periodo)”.
Indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
Cioè indica soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa.
Si sottolinea però che tanto più ci si allontana dalla data tanto più vengono a mancare i requisiti di qualità del prodotto, quale il sapore, odore, fragranza, ecc. Superato il è però ancora ancora possibile consumare il prodotto.
Da consumarsi entro
La “data di scadenza” è, invece, la data entro la quale il prodotto deve essere consumato; viene espressa con la formula “da consumarsi entro”, alla quale fa seguito l’indicazione della data. Si tratta della voce che troviamo prevalentemente sui prodotti freschi: latte, yogurt, uova.
A questa indicazione è da porre particolare attenzione, in quanto il periodo di tolleranza “extra” è molto più breve rispetto al “termine ci conservazione” minimo su citato.
ATTENZIONE: Molto spesso il consumatore è portato a scegliere un alimento anziché un altro per il suo più lungo periodo di conservazione. In realtà in molti casi (ma non sempre) un periodo di conservazione inferiore sottolinea la qualità del prodotto, che probabilmente contiene un quantitativo inferiore di conservanti o ingredienti più pregiati.
Per esempio una pasta alle “uova fresche” avrà una conservabilità inferiore rispetto ad una pasta realizzata con “uova in polvere o addensanti”.
4) Azienda produttrice
Molto importante nel settore ortofrutticolo. Dal 2003 è entrato in vigore un decreto legislativo che dispone l’applicazione di una carta di identità da applicare alla frutta e alla verdura, in cui sono indicati: natura del prodotto, sua origine, varietà, categoria. Purtroppo sono ancora tanti i commercianti a non applicare la legge, quindi attenzione e pretendete queste informazioni.
5) Spesa light: Codice a barre
Permette di risalire alla provenienza nazionale. Ad esempio: 80 Italia, 30 Francia, 400 Germania, 57 Danimarca, 45/49 Giappone.
6) Valori nutrizionali
Il modello più diffuso è quello semplificato (obbligatorio 2014), nel quale vengono indicati:
- valore energetico,
- proteine,
- carboidrati, di cui zuccheri
- grassi, di cui grassi saturi
- sale
Non mancano anche i brand che puntano “sull’accuratezza” dell’analisi dei propri articoli aggiungendo informazioni facoltative.
Ma vediamo nello specifico cosa indicano le diverse voci:
Kcal:
(nel sistema internazionale l’unità di misura del calore non è la caloria ma il joule ed il suo valore dev’essere specificato in etichetta per adeguarsi agli standard internazionali). La chilocaloria, specificata sempre su 100 gr anche se a volte si trova l’indicazione per porzione o pezzo. Il valore energetico di un alimento ci permette di capire se si tratta di un cibo ipo- o iper-calorico e ci consente di confrontare alimenti dello stesso gruppo. Confrontare sempre i vlori su 100 gr in modo da fare una comparazione precisa.
Le Proteine:
Nel nostro organismo le proteine hanno funzione plastica e come tali intervengono nei meccanismi di rinnovamento dei tessuti. Rappresentano inoltre il principale costituente dei muscoli e ne regolano la contrazione. Le proteine hanno, in particolari condizioni, anche funzione energetica, ma in una alimentazione bilanciata questo ruolo è marginale.
I nutrizionisti consigliano di assumere durante l’arco della giornata una quantità di proteine pari a circa il 15-20% dell’apporto calorico giornaliero, pari a circa 1 g di proteine per Kg di peso corporeo. Tale fabbisogno aumenta in fase di crescita, gestazione e allattamento. Di che tipo? Queste proteine dovrebbero derivare per i 2/3 da prodotti di origine animale e per 1/3 da prodotti di origine vegetale.
Carboidrati o glucidi:
Sulle etichette nutrizionali è obbligatorio specificare il contenuto in carboidrati e in zuccheri per 100 grammi di alimento. I carboidrati hanno principalmente una funzione energetica, rappresentano cioè il nostro combustibile quotidiano.
Tuttavia se vengono assunti in eccesso, una volta saturate le riserve energetiche, vengono convertiti in grasso. L’assunzione raccomandata di carboidrati è intorno al 50-55% dell’energia totale quotidiana fornita dalla dieta. Il consumo di zuccheri semplici non dovrebbe invece superare il 10-12%.
Grassi o Lipidi:
Nelle etichette nutrizionali viene sempre riportato il contenuto in grassi per 100 grammi di alimento. Dal 2014, qualora il produttore decida di riportare in etichetta la tabella nutrizionale, è obbligatorio che essa specifichi la quantità di acidi grassi saturi contenuta nel prodotto.
I grassi hanno principalmente funzione energetica ma intervengono anche nella regolazione ormonale e nell’isolamento corporeo. L’assunzione raccomandata di grassi è intorno al 25-30% dell’energia totale. I grassi si possono dividere in:
- Saturi: sono i grassi più pericolosi per la nostra salute; nonostante siano necessari per il nostro organismo è bene consumarli con moderazione (non più del 10% dell’energia totale giornaliera). Sono presenti soprattutto negli alimenti di origine animale.
- Insaturi: presenti negli alimenti di origine vegetale possono essere consumati con una certa libertà.
- Polinsaturi essenziali: presenti soprattutto nei pesci dei mari del Nord e negli oli vegetali, sono particolarmente salutari, in quanto proteggono il nostro organismo dalle malattie cardiovascolari. Per questo motivo è buona regola sostituire la carne con il pesce almeno due o tre volte alla settimana.
- Trans: molto pericolosi per la nostra salute, sono raramente presenti in natura, ma si possono ottenere in laboratorio per migliorare le caratteristiche organolettiche e di conservazione di un alimento. E’ bene limitare il più possibile il loro consumo.
Fibra alimentare:
La fibra solubile interferisce con l’assorbimento di alcuni macronutrienti (glucidi e lipidi), riducendo i livelli di colesterolo nel sangue e diminuendo il rischio di malattie cardiovascolari.
La fibra insolubile aumenta la velocità di transito nel lume intestinale e, di conseguenza, diminuisce l’assorbimento dei nutrienti. Razione giornaliera raccomandata: circa 20-35 g al giorno (con un rapporto 3/1 tra fibre insolubili e solubili in acqua). Per il bambino 5 g al giorno più 1 g moltiplicato per l’età.
Sodio:
Nei soggetti adulti sani il livello raccomandato di assunzione è compreso fra i 575 ed i 3500 mg/giorno. E’ pari all’incirca a 1,5-8 grammi di sale.
Vitamine e Sali minerali:
Sull’etichetta nutrizionale vitamine e sali minerali possono essere riportati solo se presenti in quantità significative. Di norma, per decidere cosa costituisce una quantità significativa, dovrebbero essere presi in considerazione i seguenti valori:
- 15 % dei valori nutritivi di riferimento specificati in tabella per 100 g o 100 ml nel caso di prodotti diversi dalle bevande
- il 7,5 % dei valori nutritivi di riferimento specificati in tabella per 100 ml nel caso delle bevande, oppure
- il 15 % dei valori nutritivi di riferimento specificati in tabella per porzione se l’imballaggio contiene una sola porzione.
E ora che hai imparato a fare una spesa light, sono sicura che avrai tutti gli ingredienti necessari a preparare tantissimi piatti sani e gustosi.